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LA STORIA

LA STORIA


Come detto per l’origine del nome, non esiste un archivio comunale, ma risulterebbe che il territorio fu conferito da Ottone I, con atto del 962, al vassallo Aimone di Cavaglià  del Comitato di Lomello.

Mentre su detto atto vengono citati, fra gli altri,i centri di Ticineto e Frassineto, nulla appare per Valmacca ma lo storico Rondolino afferma che il luogo denominato “Caldanasco” è riferibile a Valmacca. Luogo appartenente al contado di Lomello posto a confine con il Monferrato, seguì le sorti dei Cavaglià  che si destreggiarono tra accordi coi Vercellesi e alleanze coi marchesi del Monferrato. Nel secolo XIV l’azione dei Cavaglià è volta a non lasciarsi ridurre alla condizione di vassalli del Marchese del Monferrato, ma Frassineto, Ticineto e Valmacca, per la loro posizione sulla costa del Po, di fronte alla Lomellina, diventano per la casa paleologa un obiettivo irrinunciabile nella prospettiva di quella guerra contro i Visconti che scoppia infine nel 1356. Nella fase più accesa della lotta fra Monferrini e Viscontei, i Cavaglià rifiutano di sottostare al confine imposto loro da Giovanni II e, nella primavera del 1370 accordatisi con Galeazzo Visconti gli consegnano i loro castelli schierandosi nel campo avverso ai Paleologi.

La tanto temuta soggezione ai Marchesi del Monferrato viene sancita nel 1417 da Filippo Maria Visconti. Terra di confine del Marchesato del Monferrato, Valmacca ora deve temere gli attacchi degli antichi protettori e nel 1431 fa le spese dell’espansionismo visconteo: conquistata da Francesco Sforza nel 1431 viene restituita ai Paleologi nel febbraio del 1434. Nel marzo dello stesso anno, i Cavaglià, forse sospettati per il loro passato filovisconteo di non aver sufficientemente osteggiato il nemico devono “donare” a Giangiacomo Paleologo tutte le loro ragioni su Frassineto in cambio dell’investitura di Valmacca e il nome ufficiale e costante che sempre da allora adopereranno per indicarsi fu “Cavagliati conti di Valmacca” (Sotto questo nome si segnalarono, ad esempio, Antonio e Luchino compagni d’armi del celebre Conte di Carmagnola).

Valmacca diventa la loro roccaforte: il paese (secondo una notizia contenuta nella riconferma di Giovanni IV di Monferrato ai Cavaglià) nel 1447, è composto dal castello, da un ricetto ad esso connesso e dall’abitato non circoscritto nel ricetto ma probabilmente riparato anch’esso da qualche struttura.

Nel 1446 Carlo Gonzaga, capitano delle milizie viscontee, desideroso di vendicare una sconfitta inflittagli da Guglielmo Paleologo saccheggia Valmacca, Ticineto e Cerro. Nel loro memoriale i Cavaglià ricostruivano la brutta esperienza, parlavano del loro sgomento, delle grida delle donne, dei lamenti dei bambini, ma ammettevano la loro propria incuria e Giovanni IV considerata la grave situazione in cui si trovavano  concedeva loro il perdono.

Nel 1464 i Cavaglià vendono una parte del castello al cancelliere Quilico Rota. Fino al 1531 i Cavaglià e i Rota sono gli unici possessori del vetusto castello; nel 1532 si aggiungono loro i Montiglio . La parte dei Rota, per estinzione della linea, passa nel 1571 a Bonifacio e a Cesare Cavaglià. Nel primo ventennio del 1600 per matrimonio delle figlie Antonia e Maria, abilitate alla successione, il lotto del complesso che apparteneva a Baldassarre Cavaglià passa agli Scozia e ai Sannazzaro. Nel 1651 – 1652, per acquisto, i Coppa di Casale subentrano a Lelio, ultimo dei Cavaglià consignori di Valmacca.

Dal 1731 alle località di Valmacca e Torre d’Isola (allora circoscrizione feudale indipendente da quella di Valmacca) era stato concesso il rango di comunità, in unione però con quella di Ticineto. Carlo Emanuele III di Savoia, aderendo ad una supplica degli abitanti, con provvedimento regio del 20 giugno 1741 concede di erigere una nuova comunità separata da Ticineto.

Anche il primo organismo a base popolare, la comunità, che qui a Valmacca è di istituzione settecentesca, avrà accoglienza fin dalla sua adunanza del 20 luglio 1747 in una camera del castello concessa in affitto dal conte Ignazio Coppa ed il consiglio si riunisce il  22 dicembre 1798 per deliberare di piantare in piazza l’albero della libertà con berretto rosso e bandiera tricolore. Nel 1920, per eredità di Tarsilla Scozia, il castello ridotto alle attuali dimensioni, passa al figlio Don Emilio Principe Guasco Gallarati Marchese di Bisio, che nel 1925 lo dona al comune perché lo adibisca a sede del municipio e delle scuole elementari.